Le malattie del cinema italiano









1. La scenetta buffa 

Quando in un film italiano c’è una scena che deve trasmettere confusione, smarrimento, agitazione o uno stato d’animo che non sia incazzato o disperato, ha un protocollo: prendere gli attori e farli correre di qua e di là con fare isterico, facendogli fare faccette buffe mentre ravanano i primi oggetti che trovano. 

E’ un passaggio obbligato nel nostro cinema dagli anni ’80 in poi. 
Che siano Castellitto o i Vanzina non ha importanza. 

Se in scena accade qualcosa di scioccante bisogna iniziare questa trafila, quindi: musichetta allegra un po’ zingara (ci torneremo), personaggi che corrono su e giù per il set armeggiando con una coperta – che, ha ha, non riescono a sistemare! – e occhi sbarrati. E’ una procedura standard che deve piacere un casino, tanto che di solito dura dai tre ai cinque minuti ed è onnipresente in qualsiasi produzione. 







2. Il realismo sonoro 

Il cinema è magia. E’ un insieme di suoni, musiche, parole, immagini e volti che se ben orchestrate riescono a farti dimenticare di essere su una poltrona. Non stai guardando il film, sei DENTRO il film. Molte scene nella storia del cinema sono epiche proprio grazie a questo. Sergio Leone perdeva ore a selezionare i suoni degli spari, che voleva fossero “verdi”. Morricone trasformava una fotografia monotona in un mondo malinconico, spietato e selvaggio. Parte del successo di un film è dato proprio dall’audio, e non solo dalla colonna sonora. Il sibilo di Alien. Il telefono di “C’era una volta in America”. Il sinistrissimo verso di Predator. I passi di Charles Bronson. Le spade laser ed il respiro di Darth Vader. L’urlo del tirannosauro di Jurassic park. Suoni che hanno fatto l’immaginario collettivo, perché in un mondo dove una battuta decreta il tuo personaggio un suono ti dà un’atmosfera. 

Dal lontano 1990 gli studi di post produzione utilizzano lo stesso suono per decretare l’inizio di un temporale. Questo. E’ una libreria prodotta dalla Sound Ideas nel lontano 1993. Sono vent’anni che piove nella stessa maniera, sia Vietnam, USA o toscana. Il traffico. Se la scena comprende esterni, è matematico un camion o un’automobile quando passano suonino lo stesso clacson che fa PE-PEEEEEeeeeooow. Ogni volta. Un sorpasso rischioso, una litigata a bordo strada, un cambio di scena rapido. Pe-peeeeooooow. Il corvo di merda.Sei in un posto desolato, un cimitero, una palude, devi creare un’atmosfera cupa? No problem. Usa il corvo, lo stesso identico volatile ormai impagliato dal 1994, anno in cui uscì la libreria (sempre Sound Ideas). Da qualche parte a Hollywood c’è una statua in oro a questa bestia che con il suo coraggioso rumore ha donato disagio ed inquietudine a miliardi di spettatori nel mondo. 

In Italia i suoni sono arrivati tardi. Prima erano tutti in presa diretta, ossia una merda aberrante con tazzine che riverberavano come rullanti, passi che rimbombavano come colpi di cannone e incristavano le voci. Se vi fa piacere saperlo, ancora nel lontano 2002 contattai l’allora unico studio di foley artist serio, l’Anzellotti, mandando curriculum e chiedendo se potevano darmi una possibilità. Dissero che non avevano bisogno di assumere nessuno, così tornai a fare il manovale e a guardare film con un audio decente. 






3. L’h. 

Finalmente un umore congeniale al nostro popolo: la straziata disperazione isterica. Consiste nel lanciare urla belluine tra fiumi di lacrime, insulti in romano, oggetti lanciati o branditi, minacce di omicidio e suicidio. Guardare Giovanna Mezzogiorno nella cucina de “l’ultimo bacio” o le scimmie eccitate che si lanciano la merda allo zoo è pressoché identico. L’urlo però è un’arte. Goku opta per UOOH, mentre i nostri attori hanno come parola d’ordine GNAA. Se prestate attenzione noterete che tutte le grida disperate vengono lanciate con questo principio fondamentale subito seguito dal nostro marchio di fabbrica: gli attacchi d’asma. Nessuno sa perché. E’ una cosa talmente forzata, innaturale, imbarazzante e ridicola che non si capisce come mai sia reiterata in ogni film. Però c’è. In ogni scena dove succede qualcosa che ha a che fare con i sentimenti i nostri attori cominciano ad ansimare come mantici. Lunghi, enfatici respiri che imputtanano ogni parola in un alternarsi di sibili confabulatori e urla da cavallo azzoppato. 







4. GUARDATE QUANTO CAZZO SONO GENIALE IN QUESTA SIMBOLOGICA METAFORA E QUESTA ARGUTA SOLUZIONE VISIVA OH DIO VENGO 


Quello che ha disintegrato il cinema italiano sono le pretese. Pretese di dare un messaggio, di fare politica, di fare il grande capolavoro. Il cinema italiano è morto quando invece di raccontare una storia ha iniziato ad usare la storia come pretesto per la regia. Quando ha avanzato pretese di far pedagogia per adulti con messaggi edificanti, morali e altra merda politicamente corretta. In una parola: S F I G A . Gronda da tutti i pori come l’odore di aglio e curry dagli indiani. Infesta i cinema d’essai, i cineforum, i film filopalestinesi che dopo dieci minuti speri li bombardino col napalm, le strazianti rotture di coglioni su Hassan Al Farahqui povero cammelliere sperduto nel deserto. I fili di stoffa appesi al filo spinato che rappresentano la loro gioventù sfregiata dagli spietati ingranaggi di un sistema che è tutto molto bello, ma io mi cago il cazzo.

E ora, Alexis Amore.