Gli Squallor ne sapevano



E’ una di quelle gelide notti del febbraio 2002, quando solo soletto con un pennarello nero e qualche bombola scrivo il mio nome sulle saracinesche dei negozi. Non ho mai capito perché lo facevo. Oggi mi piace pensare che era per non dimenticarmelo. Sto scendendo per via Giulia, vedo una saracinesca tutta eccitata che mi guarda con aria di sfida. Mi fermo, estraggo il pene d’inchiostro ed inizio a contrassegnare il territorio: N, E, B

*CLANC-GH*


Nascondo con uno scatto il corpo del reato, mi guardo attorno. 
Nessuno. 



Mi acquatto dietro la fila di macchine ad orecchie tese. Guardo verso l’alto, nessuno. Di nuovo destra e sinistra, nessuno. I palazzoni è che fanno una eco balorda che sfasa qualunque percezione. Faccio il replay mentale, localizzo il suono nell’altro marciapiede. Alzo la testa dalla fila delle macchine, sbircio attraverso il finestrino di una Citroen; la luce giallastra dei lampioni illumina un uomo, immobile. 35-40, fissa giusto verso di me ed ha probabilmente qualcosa in mano. Torno giù, calcolo le vie di fuga. A sinistra c’è l’angolo di una banca. A destra file di macchine che mi coprono per cinquanta metri. Lo riguardo, sta sempre lì. Faccio mezzo passo sulla sinistra quando nell’aria scoppia un grido roco.
 «MaaadaaAAH!!»
Divento una statua di sale.
 «Martaaa!!»
Mi sporgo. Il tizio guarda sopra di me, in alto.
 «Martaaa! Apri la morta, Parta!»
Non bene, non bene.

 «Apristaporta, Marta, CAZZOOO! Tiamodamorire, io!»
La voce si avvicina pericolosamente. Prima che io decida cosa fare me lo trovo davanti che inveisce contro il condominio. Barcolla, pieno come una molotov. Impugna una bottiglia di Absolut Vodka mezza piena.
 «MARTADIOCANE C’HO UN CUORE COSI, M
Mi nota. 
Per qualche istante ci guardiamo come un escherichia coli guarda uno spermatozoo, uno sa che l’altro è un intruso, l’altro sa che è nella merda.
 «E tu?»
 «Io, eh» borbotto, alzandomi piano «pisciavo»
Ci pensa.


 «Ma abiti qui?»
 «No»
Silenzio. Pensa.


 «Conosci Marta?»
 «Mai vista»
Occhi in alto a destra, altre riflessioni, poi: «E allora vai a casa, no?»
Me ne vado, congedato e felice. Alle mie spalle il cantico delle creature riprende vieppiù accorato. C’è un uomo che ama, qui, ma il popolino spesso non comprende i sentimenti. Guarda il post “99 mele”, nessuno c’ha capito un cazzo. Una saracinesca si alza, voci pensionate esprimono la loro più profonda disistima verso la mancanza di valori dei giovani.
«ZITTA, VECCHIA STRONZA, ALTRIMENTI SALGO E T’AMMAZZO»
La saracinesca ridiscende, lenta, nel più ossequioso silenzio.
Altri avversari si fanno avanti. In due minuti quasi tutto il condominio è affacciato, poi il condominio di fronte, poi quello a fianco. Luci si accendono e testicoli si fratturano mentre il nostro poeta di strada tempesta di pugni i campanelli. Borbotta tra sé e sé. Beve. Pugno al portone, inizio di pianto.
 «Marta, apri ‘sta porta, Marta, vengo su e parliamo..»
 «Ma Marta chi?» chiedono dall’alto.
 «Sarà una delle studentesse del secondo piano»
 «Scommettiamo che è la biondina?»
L’ubriaco lancia un urlo belluino: «FACCIAMOL’AMORE, MARTA!»
Dall’angolo osservo “serenata rap” ricantata dal Piotta. Tutto il quartiere è alla finestra tranne il secondo piano, una tomba muta. La mia immaginazione corre a Marta, occhi sbarrati nel buio che ascolta commossa il richiamo d’amore dello spasimante. Arriva una volante, scendono. 
 «Buonasera» dice l’agente.
 «Ecco, la polizia, hai chiamato! Voglio solo parlare, Marta!»
 «Senta…»
 «E te lasciami stare, non sto facendo niente»
 «Perché non si calma un po’ e ci racconta cos’è successo?»
 «Succede che la amo, cazzo, la amo, perché non mi apre la porta? E non toccarmi, che mi tocchi, oh?»
Il poliziotto sbuffa, fa un passo indietro, guarda i colleghi. Si scambiano un cenno, poi si mettono i guanti. Non è mai un buon segno. Quello più grosso si affianca, lui si divincola barcollando e gli altri due cominciano a spingerlo dentro. La portiera è ad un centimetro quando l’innamorato lancia un ultimo appello che fa tremare le fondamenta:

«SOLO UN BOCCHINO E VADO VIA, MARTA!»
Lo sportello si chiude.



E io penso che quello è un vero uomo.